a
cura di VINCENZO SANTORO E SERGIO TORSELLO
Il Ritmo Meridiano
la pizzica e le identità danzanti del Salento
interventi di Franco Cassano, Maurizio Merico, Giovanni Pizza,
Alessandro Portelli, Luigi Piccioni, Roberto Raheli, Giuseppe
M. Gala, Clara Gallini, Edoardo Winspeare, Sergio Blasi
torna alla presentazione del libro
Il ritmo meridiano della pizzica
di
Fabrizio Versienti
tratto da: Il Corriere del Mezzogiorno del 4 Ottobre 2002
Quando
nel 1959 arrivò in Puglia per studiare il fenomeno del
tarantismo, l’etnomusicologo Ernesto De Martino trovò
qualche traccia dell’antico rito di esorcismo terapeutico:
sopravvivenze e indizi dai quali prese forma il classico La terra
del rimorso (Il Saggiatore, Milano 1961), non un semplice saggio
ma un vero e proprio racconto epico su una cultura, quella contadina
del Salento, già in via di sparizione. Rintracciare le
fonti, ovvero documenti ma ancor più luoghi e persone da
cui apprendere di prima mano tradizioni, ritmi e canti (problema
cruciale per ogni studioso di etnomusicologia), era ancor più
difficile negli anni Settanta, quando pure si sviluppò
in Salento, sull’onda di quanto accadeva in tutta Italia,
un movimento «indigeno» di riscoperta e rielaborazione
della musica tradizionale. I semi gettati allora con ingenuità
ed entusiasmo erano destinati a produrre frutti copiosi vent’anni
dopo, quando nella Puglia ormai postmodernamente urbanizzata e
«criminalizzata» degli anni Novanta si è gonfiata
impetuosa una seconda ondata di pizzica-revival, un vero e proprio
movimento di massa che ha trovato ben presto i suoi studiosi (Chiriatti,
Fumarola, Di Mitri), i suoi musicisti (dal vecchio Canzoniere
Grecanico-Salentino a Officina Zoè, Aramirè, giù
giù fino agli innovatori più radicali come Mascarimirì
e Alpha Bass; oggi si contano oltre sessanta gruppi in attività
su questo fronte), i suoi cantori (il regista Edoardo Winspeare
con i film Pizzicata e Sangue vivo), i suoi organizzatori e finanziatori
(le associazioni, l’Istituto Carpitella di Melpignano, l’università
leccese, e soprattutto gli enti locali, dai comuni ai consorzi
di comuni fino alla Provincia leccese che hanno promosso innumerevoli
manifestazioni-vetrine del fenomeno, a cominciare dall’elefantiaca
«Notte della Taranta»). Evidentemente, la rinascita
della pizzica (più che del tarantismo, che resta una memoria
del passato) nel Salento di oggi risponde a bisogni profondi e
attualissimi sui quali si interroga un bel volume collettivo,
Il ritmo meridiano. La pizzica e le identità danzanti del
Salento (Edizioni Aramirè, Lecce 2002, pp. 206, euro 14,50):
una raccolta di saggi, curata da Vincenzo Santoro e Sergio Torsello,
che analizza il fenomeno di questi ultimi anni attraverso diverse
chiavi di lettura. Si va dall’approccio sociologico «alto»
di Franco Cassano (università di Bari), che individua nel
tentativo di riarticolare il rapporto difficile con la modernità
attraverso gli strumenti identitari della tradizione la costruzione
di una piccola, praticabile utopia collettiva, all’intervento
dell’antropologo Giovanni Pizza (università di Perugia)
che cala la «neo-pizzica» nei meccanismi moderni della
produzione e del consumo culturale. Dal suo canto, lo storico
Luigi Piccioni (università della Calabria) mette l’accento
sul rischio insito nella riscoperta delle identità locali,
pronte a degradarsi in ideologie usa-e-getta e in merce etno-global.
Spetta ad Alessandro Portelli (insegnante di Letteratura americana
alla Sapienza, grande esperto di storia orale e musica popolare),
riannodare i fili con la tradizione evidenziando il segno di discontinuità
che porta con sé la new wave della pizzica: «Né
a Melpignano né in altri luoghi in Salento si pratica più
l’esorcismo della taranta; fingere che le odierne riproposte
di pizzica, filologiche o contaminate che siano, cne rappresentino
la continuazione mi pare una mancanza di rispetto per il dolore
che quei rituali si portavano dietro». Resta però
il fatto che, a dispetto di tutto, alla Notte della Taranta ci
sono ogni anno ventimila persone in piazza che ballano (come racconta
nel volume il sindaco di Melpignano Sergio Blasi), e che Winspeare
(anche lui intervistato) sogna per la pizzica di oggi una crescita
artistica tale da renderla una sorta di equivalente salentino
del flamenco andaluso, di appeal e portata internazionali. Il
volume non offre risposte facili. Anzi, come sottolinea il curatore
Santoro,
cerca più che altro di porsi le giuste domande per avviare
una riflessione collettiva approfondita. Danno il loro contributo
anche il sociologo Maurizio Merico, il musicista Roberto Raheli,
l’etno-coreologo Giuseppe M. Gala, e l’etnologa Clara
Gallini (anche lei docente alla Sapienza di Roma) che chiarisce
i moderni meccanismi di costruzione dell’idea di «etnicità».
Fabrizio Versienti